blogger kokkie

sabato 26 novembre 2016

Fidel Castro è morto - Le 10 migliori canzoni cubane di sempre

Buena Vista Social Club

L'ex presidente cubano, Fidel Castro, leader della rivoluzione comunista dell'isola è morto ieri all'età di 90 anni. Lo ha annunciato il fratello Raul alla tv di stato cubana. Alla fine del 2014, dopo 53 anni gli Stati Uniti hanno ristabilito le relazioni diplomatiche con Cuba, grazie all’intercessione di papa Francesco, mettendo così fine al lungo embargo. Una svolta che porterà numerosi benefici all’isola cubana, non ultima la possibilità di far conoscere meglio i suoi artisti senza i vincoli che ne regolavano prima l’attività dal vivo. Nel 1997, grazie alla felice intuizione di Ry Cooder, uno dei più importanti chitarristi della storia del rock, il mondo ha conosciuto la musica popolare cubana grazie al clamoroso successo di Buena Vista Social Club, il disco latinoamericano più venduto di tutti i tempi con oltre otto milioni di copie. Merito anche del bellissimo film-documentario girato da Wim Wenders, che ha reso popolari i nomi e i volti dei “super abuelos”, i “super nonni”, musicisti cubani tra i settanta e i novant’anni che portavano avanti la tradizione del son, del bolero e del cha cha cha. Da allora il fenomeno Buena Vista Social Club ha fatto registrare ovunque concerti sold out e pubblico entusiasta in giro per il mondo, un’esperienza che si è chiusa da poco con il tour d’addio dell’ensemble. Con la fine dell'embargo degli Usa e la morte di Castro si apre oggi una nuova era per Cuba. Vediamo nel dettaglio le 10 canzoni più rappresentative della musica cubana. 1) Celia Cruz - Guantanamera La canzone, la cui origine risale al XIX secolo, è una serenata a tempo di bolero dedicata a una contadina della città di Guantánamo. Il suo carattere romantico, unito ai valori patriottici che esprime, ne fa uno dei brani più amati dai cubani. La voce di Celia Cruz è inconfondibile. 2) Buena Vista Social Club – Chan chan Una composizione di Compay Segundo del 1987, un son che è arrivato al grande artista come un regalo inaspettato durante il sonno, diventata famosissima in quanto prima canzone della colonna sonora di Buena Vista Social Club. 3) Pablo Milanés -Yolanda Conosciuto in Italia anche per aver ricevuto il Premio Tenco nel 1994, Milanés è uno dei fondatori della Nueva Trova Cubana. Il suo stile ha fatto scuola per aver contaminato la musica tradizionale cubana con sonorità jazzistiche. Yolanda è la sua canzone più popolare e amata. 4) Chucho Valdes – Homenje a Beny Moré Chucho Valdés è il più importante pianista jazz non solo di Cuba, ma dell'intera America Latina. Ha vinto cinque Grammy Awards e ha creato un stile personalissimo, un sound inconfondibile attraverso la fusione di elementi cubani e latini con il jazz di matrice afro-americana. 5) Beny Moré - Canto a mi Cuba Bartolomé Moré Gutiérrez, soprannominato il Barbaro del Ritmo, è considerato il più grande interprete delle canzoni cubane grazie alla sua voce tenorile e a una musicalità innata. Canto a mi Cuba è una sorta di inno nazionale, un po’ come Nel blu dipinto di blu(Volare) di Modugno per noi italiani. 6) Los Van Van – Soy Todo La canzone è un’invocazione agli dei ancestrali della religione Yoruba e in particolare a Orula, il dio della conoscenza. Nasce nel 1995 per denunciare la piccola corruzione che stava minacciando i valori tradizionali cubani come l’onestà e la solidarietà. L’orchestra Los Van van ha fatto conoscere in tutto il mondo la musica popolare cubana. 7) Elio Revé – Pu pu, chan chan Elio Revé, scomparso nel 1997, è stato una figura leggendaria della musica cubana, che ha avuto la sua consacrazione mondiale nel 1989 quando Peter Gabriel, profondo conoscitore della world music, ha prodotto il suo album La explosion del momento. Pu pu, chan chan è uno dei brani più trascinanti della sua orchestra. 8) Habana D’primera – Pasaporte Il titolo è particolarmente azzeccato perché Habana D'Primera ha chiaramente scelto un percorso salsero per entrare nel cuore di un pubblico latino più vasto e per aprirsi le porte del mercato internazionale. Tuttavia, questa scelta non sembra aver sacrificato la qualità musicale di questo importante gruppo, guidato dalla voce calda ed emozionante di Alexander Abreu. 9) Pupy y los que son son – Azucar Pupy, dopo trent' anni come pianista e compositore dei Los Van Van, ha dato vita alla sua orchestra che propone musica popolare cubana tutta da ballare. Non fa eccezione Azucar, un brano in grado di riempire qualsiasi dancefloor latinomericano grazie al suo ritmo irresistibile e ai fiati trascinanti. 10) Adalberto Alvarez – Y que tu quieres que te den Il brano del 1993 può essere considerato uno dei primi esempi di fusione tra rap e musica popolare ballabile cubana anche se, a dire il vero, il maestro Adalberto Alvarez ha sempre confessato di aver "rappato” solo per ovviare alle sue limitate qualità canore.


sabato 5 novembre 2016

Mtv Ema 2016, il 6 novembre Rotterdam premia la musica più popolare in Europa





Domenica 6 novembre è il giorno x. Inizieranno, infatti, gli Mtv Europe Music Awards 2016, la manifestazione organizzata da Mtv in cui vengono premiati i cantanti e le canzoni più popolari in Europa. Quest’anno l’award show si terrà all’Ahoy Rotterdam, in Olanda. Tantissimi i nomi degli artisti internazionali che potrebbero venir premiati per aver saputo intrattenere il pubblico e occupato i posti caldi delle classifiche musicali.


A condurre la serata la cantante statunitense Bebe Rexha Tra le star nominate ci sono Beyoncé, che guida il gruppo con 6 nomination, e Justin Bieber, con 5 candidature, seguiti dalla superstar Adele e i Coldplay, Lukas Graham, Shawn Mendes, Rihanna e Drake. Come se i cantanti in nomination non bastassero, sono previste anche delle esibizioni live, tra cui quella di Bruno Mars, One Republic, Afrojack e tanti altri, per tutti i gusti.

sabato 10 settembre 2016

Nile Rodgers, il signore del pop. "La musica mi ha sempre sfidato a dare il meglio"

Nile Rodgers, il signore del pop. "La musica mi ha sempre sfidato a dare il meglio" Intervista al musicista, produttore, talent scout e leader degli Chic, guest star del concerto che, a Roma, celebra i vent'anni di Radio Capital. Dai vinili con cui ascoltava Nina Simone alla discomusic degli anni Settanta alle super-collaborazioni, passando per la politica: "Ho militato nelle Pantere Nere, oggi Black Lives Matter non è la stessa cosa..." DAVID Bowie e la disco music, i Daft Punk e lo Studio 54, e poi Avicii, Madonna e i Duran Duran: se c’è qualcuno che riassume perfettamente gli ultimi quarant’anni di cultura pop è senza dubbio Nile Rodgers, leader e chitarrista degli Chic - con cui negli anni Settanta ha scritto inni come Le Freak e Good Times - ma anche l’uomo che ha definito il suono del pop negli anni Ottanta, producendo album come Let’s Dance di Bowie, Notorious dei Duran Duran e Like a Virgin di Madonna. Americano, classe 1952, cresciuto con i dischi di Nina Simone e John Coltrane dei genitori nelle orecchie, Rodgers ha attraversato quattro decenni di musica riuscendo a influenzare ogni genere abbia toccato, dalla disco al pop, dal funk al rock fino alla Edm (Electronic dance music) con la collaborazione con i Daft Punk che, nel 2014, gli ha fatto addirittura vincere tre Grammy rilanciando gli Chic. E proprio con i suoi Chic, domani il musicista salirà sul palco di One Night in Capital, in piazza del Popolo, a Roma, per celebrare i vent’anni di Radio Capital con un’orchestra di sessanta elementi. «E ne sono onorato: l’Italia è stato il primo Paese dove ho iniziato a suonare con una certa regolarità negli anni Settanta». Perché proprio in Italia? «Perché la disco music qui era molto popolare, più che in altre parti del mondo e gli Chic erano richiesti a tal punto che finimmo per essere invitati in tutto il Paese e in alcuni dei locali più celebri, come la Bussola di Viareggio. Mi chiamavano il Maestro (ride, ndr), volevano andassi sul palco a mostrare a tutti cos’era la disco. Fu un periodo divertente, anche se poi per qualche anno non venimmo più». Perché? «Credo dipendesse dal fatto che non avevamo nessuna hit in classifica, mentre in altri Paesi come la Francia continuavamo a suonare lo stesso. Però dell’Italia ho un ricordo indimenticabile in un momento molto difficile della mia vita». Quale? «Fu il periodo immediatamente successsivo alla diagnosi di cancro, nel 2011 (alla prostata, poi completamente curato, ndr). Il mio medico mi aveva consigliato di non fare nulla per un po’. Non lo ascoltai e venni in Italia per partecipare a una trasmissione della Rai, I migliori anni. Oggi posso dire che proprio lì iniziò il mio processo di guarigione, l’attitudine a combattere la malattia». Lei suonerà per festeggiare i vent’anni di Radio Capital, ma quanto sono state importanti le radio nella sua carriera? «Più che importanti, sono state fondamentali. Prima che arrivassero in radio, negli anni Settanta le canzoni degli Chic erano ascoltate al massimo da qualche centinaio di persone nei club di New York. Poco dopo, le radio fecero arrivare il nostro suono a milioni di ascoltatori. E nulla fu più come prima». Nella sua vita invece che peso ha avuto la radio? «Molto rilevante. Da ragazzo non avevo soldi da spendere in dischi così cercavo di seguire alla radio i conduttori che mi piacevano, cercando di capire quale fosse la musica del momento».


Nile Rodgers, il signore del pop. "La musica mi ha sempre sfidato a dare il meglio"

mercoledì 22 giugno 2016

America’s Got Talent: una ragazzina terrorizzata sale sul palco. Quello che fa dopo è pazzesco!

America’s Got Talent: una ragazzina terrorizzata sale sul palco. Quello che fa dopo è pazzesco! Quando sei solo una ragazzina e devi confrontarti con un palco importante come quello di un talent del calibro di America’s Got Talent niente è facile. Lo sanno bene tutti coloro che hanno provato almeno una volta a realizzare il proprio sogno,a d inseguirlo, sfidando le proprie paure e la propria età. Lo sa bene anche Laura Bretan, una ragazzina di appena 13 anni che sale sul palco di America’s Got Talent per cantare una canzone. Inizialmente la piccola appare letteralmente terrorizzata ma quando inizia a cantare tutto cambia ed assume una padronanza di sè e dell sua voce davvero incredibile. La sua esibizione riserverà delle sorprese ed i giudici non potranno che rimanere davvero senza parole. Altrettanto interessante sarà vedere l’esibizione di una ragazza timida che però si trasforma in un grande successo. Spesso sono proprio le persone più chiuse e meno spavalde a riservarci le sorprese maggiori ed a conquistarci letteralmente.

                                                          VIDEO

martedì 8 marzo 2016

Eros Ramazzotti: “Altro che musica di serie B. Il mio pop è l’Italia che va”

«È il pubblico che ti dà il successo, ma poi te lo devi meritare», dice Eros Ramazzotti: lui se lo merita con un programma mondiale di concerti così intenso che impressiona anche solo a leggerne le tappe. Da oggi a metà ottobre, il suo Perfetto Tour va anche in Siberia, a Celjabinsk, capitale sovietica dell’industria pesante dove tre anni fa un meteorite esplose in cielo, e si conclude a Los Angeles nel Microsoft Theater, sul palcoscenico al coperto più grande d’America. Intanto, però, c’è ancora molta Italia, oggi a Roma, domenica a Torino e lunedì a Milano. Questo tour segna una svolta per lei e la sua musica dal vivo? «Si dice sempre così ogni volta che si esce con un disco e con un tour, anche perché se non lo si pensasse ogni volta non varrebbe la pena farli. È vero però che mi sento più forte fisicamente, ho meno paura di affrontare i concerti, anche grazie agli arrangiamenti di Luca Scarpa mi piace come suoniamo, mi diverte tornare ai successi del passato, e la direzione artistica di Luca Tommassini mi dà una sicurezza in più». Di sicurezza c’è bisogno, se si attraversa il mondo con uno spettacolo. «Ho calcolato che da quando sono ripartito, il 14 febbraio da Barcellona, ho fatto 40 mila chilometri. Però è il bello di questo mestiere, ti permette di andare all’estero e mostrare che anche noi italiani abbiamo qualcosa da dire, che non siamo i soliti pasticcioni, o rompicoglioni, ma possiamo essere gran lavoratori». Ha fatto grandi complimenti a Ennio Morricone per l’Oscar, un altro di quegli italiani che hanno sempre e molto lavorato. «Ce ne sono tanti come lui, anche a Roma, al contrario delle stereotipo. Gente che non molla mai, che spacca il secondo... Lui è un maestro, un creatore di musica, tra l’altro non così tradizionale come potrebbe sembrare. È la risposta al “bruttume” che ci circonda: ecco, abbiamo coniato un’altra parola, ora la proponiamo all’Accademia della Crusca». Avete qualcosa in comune, lei e il Maestro... «Mi fa piacere sentirlo, ma in Italia se fai musica pop sei di serie B, da buttare via. All’estero mi paragonano con i grandi del rock, e magari Vinnie Colaiuta, che ha suonato con Frank Zappa, non si schifa di stare nei miei dischi. Da noi nessuno se ne accorge. Io però sono orgoglioso di quello che faccio». Dopo tutto quello che è successo, in Italia non sappiamo ancora apprezzare il pop? «Dentro di me, io sono un bluesman - dicono anche che suoni piuttosto bene -: ho scelto di fare il pop per arrivare alla gente. Il problema del Paese è quella nicchia piccolina di intellettuali che ha nostalgia del piattume degli Anni 70 e 80 e non si rende conto che oggi anche i vecchi cantautori cercano disperatamente di essere pop per andare in tv». Confessi, un disco da chitarrista blues l’ha registrato e nascosto in un cassetto... «No, non sono capace di registrare da solo. E poi ho paura di essere giudicato, continuo a fare le mie canzoni e a dare importanza alla voce: non sono americano, immagino già i giudizi che riceverei. Il blues lo suono di nascosto, con gli amici». In un anno come questo, così denso di concerti, riesce a suonare o addirittura a scrivere? «È molto difficile ovunque, ma in Italia è impossibile, a ogni tappa ho i camerini pieni di amici prima e dopo il concerto. E io non sono come Vasco, che dopo lo show fa un giro, saluta e se ne va. I concerti ti portano via l’anima». Quanto costa fare un concerto, dal punto di vista fisico ed emotivo? «Più di una partita di calcio, che in fondo ti richiede solo 90 minuti di fiato. Il canto è fondamentale per me, ed è faticoso. Poi non salto come Jovanotti, ma mi muovo molto anch’io. Il concerto è impegnativo, un po’ come una partita di Bonucci».

mercoledì 10 febbraio 2016

SANREMO, NELLA PRIMA SERATA TANTA MUSICA MA POCHE EMOZIONI

Sanremo, nella prima serata tanta musica ma poche emozioni Una serata che è filata liscia, senza "intoppi" ma anche senza troppe emozioni. Una serata di musica, all'insegna dell'arcobaleno, quello che parecchi cantanti - da Noemi ad Arisa, da Enrico Ruggeri ai Bluvertigo a Irene Fornaciari - hanno portato sul palco dell'Ariston i nastri colorati a sostegno dei diritti dei gay e delle unioni civili. Il marito di Elton John è rimasto a casa e il commento migliore alle polemiche preventive sulla presenza di sir Elton e di David Furnish al festival l'ha fatto Virginia Raffaele nei panni di Sabrina Ferilli: «Se Elton John è uno spot per i gay allora i Pooh cosa sono una marchetta per l'Inps?». Nel tipico clima rassicurante dei suoi programmi, Carlo Conti ha condotto in porto la prima serata del secondo festival della sua carriera. C'erano varie incognite, visto il solito clima da campagna elettorale creato per la partecipazione di una star mondiale che ha fatto il suo mestiere senza spaventare nessuno. Semplicemente un momento di grande musica, creato da un artista che ha scritto alcune delle pagine più belle della storia del pop, due classici al pianoforte, «Your Song» e «Sorry Seems To Be The Hardest Word» e il nuovo singolo, «Blue Wonderful» che ha retto con fatica il confronto con il formidabile passato di Elton John. Poi il debutto di Gabriel Garko, reduce dalla drammatica esperienza dell'esplosione della villa dove aveva scelto di risiedere: ha affrontato il palco con disinvoltura, elegante e sorridente, si è concesso anche una piccola papera leggendo il gobbo, ma la sua è stata una presenza empatica, considerando che si deve confrontare con le presentazioni dei cantanti. L'altra super ospite della serata era Laura Pausini, emozionatissima per questo passaggio 23 anni dopo la vittoria che ha lanciato la sua carriera. Un medley di classici, «Vivimi», «Strani amori», «Invece no», poi il duetto virtuale con la Laura ragazzina che ha vinto il festival in «La solitudine». Indossando la giacca della finale del '93, la Pausini ha ricamato sul brano che le ha cambiato la vita. Chiusura con «Simili», un brano del suo ultimo album: «Siamo simili, dobbiamo proteggerci non dividerci» è stata la conclusione della cantante, anche lei da sempre impegnata a favore delle unioni civili. La parte comica è stata affidata a Virginia Raffaele versione Sabrina Ferilli, come sempre bravissima: sono stati suoi i momenti più divertenti e imprevedibili della serata. Quanto alla comicità, per la prima volta nella storia del Festival, Aldo, Giovanni e Giacomo sono arrivati a Sanremo per celebrare i 25 anni di attività: hanno pescato dal repertorio il pezzo del saggio della Montagna, puntando tutto sul mestiere. Madalina Ghenea ha fatto quello che ci si aspettava da lei: la bellona che legge le presentazioni, ma non riesce a trasmettere simpatia. In gara i primi dieci Campioni: Lorenzo Fragola, Noemi, Dear Jack, Giovanni Caccamo e Deborah Iurato, Arisa, Stadio, Enrico Ruggeri, Irene Fornaciari, Bluvertigo, Rocco Hunt. Gaetano Curreri e Morgan sono rimasti incagliati in una serata infelice, Rocco Hunt sembra lanciato verso il podio. L'Ariston ha ballato anche con Maitre Gims che ha proposto la sua hit Est-ce que tu m'aimes?. La classifica. Irene Fornaciari, Noemi, Bluvertigo e i Dear Jack sono a rischio eliminazione. I quattro artisti rispettivamente con Blu, La borsa di una donna, Semplicemente e e Mezzo Respiro, sono nelle ultime posizioni dopo la prima serata. I più votati da televoto e sala stampa (fifty-fifty) sono stati: gli Stadio con Un giorno mi dirai, Enrico Ruggeri con Il primo amore non si scorda mai, Lorenzo Fragola con Infinite volte, Rocco Hunt con Wake up, Giovanni Caccamo e Deborah Iurato con Via da qui, Arisa con Guardando il cielo. Non è stato reso noto il posizionamento in classifica dei singoli artisti. Venerdì dopo l'ultima esibizione sarà stilata la classifica finale: gli ultimi 5 andranno a rischio eliminazione. Solo uno sarà ripescato con il televoto e rientrerà in gara sabato sera.

martedì 19 gennaio 2016

Lutto nel mondo della musica, morto Glenn Frey: chitarrista e co-fondatore degli Eagles

Foto 1


Glenn Frey, 67 anni, chitarrista e co-fondatore dei leggendari Eagles, è morto a New York. Lo annuncia il sito ufficiale della band. "E' con il cuore pesante che annunciamo la morte del nostro compagno e fondatore degli Eagles Glenn Frey, a New York City il 18 gennaio 2016", recita il testo dell'annuncio sul sito, rilanciato poi sulla pagina Facebook del gruppo. Morto per le complicazioni legate a un'artrite reumatoide - "Glenn ha combattuto una coraggiosa battaglia nelle ultime settimane, ma purtroppo non ce l'ha fatta", spiega il sito parlando di complicazioni mediche legate a un'artrite reumatoide e una polmonite. Lo scorso dicembre era stato operato all'intestino e aveva dovuto annullare gli impegni ufficiale con il gruppo. La band lo saluta con il testo di "It's Your World Now" - Sul sito compare poi il testo della canzone "It's Your World Now", scritta da Frey e Jack Tempchin. Per Dan Henley, altro fondatore degli Eagles, il senso del testo è quello di "essere parte di qualcosa di buono, e lasciarsi qualcosa di buono alle spalle". Da "Hotel California" alle hit dopo la separazione del gruppo - Gli Eagles vennero fondati nel 1971. Nel 2012 gli Eagles hanno festeggiato il loro 40mo anniversario. Frey in quell'occasione aveva spiegato che il gruppo non era fatto da "mercenari in grado di mettere insieme una campagna per capitalizzare sull'anniversario". Gli Eagles, infatti, non sono rimasti sempre insieme. Nel 1980 si sono separati per poi riunirsi nel 1994. "Hotel California" è il loro successo più gettonato, oltre alle tante hit negli Anni 80 di Frey dopo la separazione del gruppo, da "The Heat is on" a "You Belong to the City". Nel complesso, la band ha venduto oltre 150 milioni di dischi nel mondo e con la raccolta "Their greatest hits (1971-1975") sono al secondo posto nella lista degli album più venduti della storia, dietro "Thriller" di Michael Jackson