Il 2016 si è chiuso con ricavi pari a 15,7 miliardi di dollari, in crescita del 5,9% rispetto all’anno precedente. Grazie soprattutto allo streaming che comincia a muovere cifre consistenti di denaro attraverso gli abbonamenti premium. Ma l’ascesa non si ferma, anzi: nel 2030 il business della musica dovrebbe salire a quota 41 miliardi. E a farla da padrone sarà proprio lo streaming, con un contributo al giro d’affari complessivo di settore quantificato in addirittura 34 miliardi di dollari, di cui 28 miliardi derivanti da formule di fruizione a pagamento (si calcola che tra 13 anni gli abbonati alle diverse piattaforme in giro per il mondo saranno 847 milioni) e 6 miliardi da ascolti con inserzioni pubblicitarie.
Questo è il quadro che si coglie dall’ultima analisi di Goldman Sachs sulle prospettive di un settore che esce da 20 anni di crisi e rivoluzioni tecnologiche, ma a quanto pare potrebbe apprestarsi finalmente a voltare pagina. Non sappiamo chi, da qui ai prossimi 13 anni monopolizzerà le classifiche dei brani più ascoltati, non sappiamo chi riempirà gli stadi con i propri concerti e chi sarà campione di merchandising. Ci sarà ancora Taylor Swift che in 24 ore ha battuto i record di riproduzione su YouTube e Spotify? Chi prenderà il posto dei «grandi vecchi» di oggi come Bruce Springsteen e U2? Questo la banca d’affari statunitense non lo dice, ma in compenso prevede che 4 miliardi arriveranno dai diritti di esecuzione dal vivo, mentre 500 milioni saranno il frutto dei diritti di sincronizzazione (ossia l’utilizzo della musica per opere cinematografiche, televisive e spot) e 700 milioni di dollari arriveranno dalla vendita di supporti fisici o dal download.
Supervalutazioni per le major Universal e Sony
Sempre secondo il report, questo andamento di mercato farà balzare alle stelle il valore di Universal Music Group e Sony Music, prima e seconda major del mercato globalizzato, oggi non quotate ma controllate rispettivamente dalla media company francese Vivendi e dal colosso giapponese Sony Corp.
L’analista di Golman Sachs Lisa Yang valuta Umg in 23,3 miliardi di dollari e la costola musicale della conglomerata Sony in 19,8 miliardi. La prima, infatti, in un 2o30 dominato dallo streaming dovrebbe arrivare a fatturare più di 15 miliardi di dollari, ossia tre volte gli attuali ricavi della label che nel 2016 ha pubblicato Blue and Lonesome dei Rolling Stones, band in procinto di esibirsi al «Lucca Summer Festival» il prossimo 23 settembre. Tra publishing (1,89 miliardi), licensing e servizi legati agli artisti (1,3 miliardi), merchandising (500 milioni), nonché vendite fisiche e download (179 milioni). Ma soprattutto attraverso le riproduzioni online da piattaforme come Spotify e Apple Music che dovrebbero raggiungere quota 11,1 miliardi di dollari. Perché il punto d’arrivo di un mercato in profondo cambiamento, a quanto pare, sarà proprio lo streaming a pagamento.
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